Mi chiedo soltanto perché non riesco a suicidarmi
Gentili dottori, ormai scrivere queste lettere è l'unico modo che mi rimane per esprimere i miei dolori, che troppo spesso mi sembrano non appartenere a questa realtà. Mi chiedo soltanto perché non riesco a suicidarmi, lo penso sempre, ho momenti in cui sembro davvero ad un passo dalla morte, in cui mi sento ad un piede dell'abisso per poi sparire e tornare alla vita di tutti i giorni. Non c'è la faccio più. Ad ogni caduta mi sento sempre peggio. Come si può passare dal baratro del dolore, dall'ideazione del suicidio assolutamente illesi e trovarsi un ora dopo a vivere la vita di sempre come se nulla fosse successo. Scrivo adesso dopo un momento simile. Non ho parole, mi sento solo molto confuso. Fino a 10 min fa mi prendevo a morsi il braccio, avrei giurato che costi quel che costi l'avrei fatta finita, non avrei più pensato alle conseguenze, non avrei neanche scritto una lettera,non mi sarei giustificato in alcun modo, desideravo che ubriacato dal dolore, la sofferenza mi trascinasse con sé al gesto fatale ed io non avrei opposto alcuna resistenza. Ma niente. Forse se non avessi così paura della morte l'avrei fatta davvero finita tante, dico tante ma tante volte. Tutto questo mi fa sentire come in una prigione e non ho nemmeno qualcosa con cui farla finita. Ma perché soffro di un dolore così ? Che sembra non possa esistere male peggiore ? Non lo so... Dio solo sa che nonostante tutto questo io amo la vita! Non dirò mai, dico mai la vita fa schifo, è colpa della società o altre cose del genere. Io amo troppo la vita, ma la vita mi è estranea, non sono stato mai capace di vivere . Io desideravo solo vivere seguendo i miei sentimenti, interessarmi solo di ciò che mi suscita emozioni. Un po' come si desidera alla mia età sogno una vita che non avrò mai il coraggio di realizzare. Avrei voluto vivere scrivendo poesie sebbene sono un incapace, non mi interessava avere una vita lunga , sognavo di essere come Jim Morrison. Avrei voluto vivere ascoltando solo i miei sentimenti e sforzarmi di vedere il mondo con l'occhio interiore che troppo spesso in questo mondo è annebbiato . Per me superare le porte della percezione era questo,curando la nostra sensibilità riusciremo a vivere intensamente, a trovare nuovi significati in tutto ciò che ci circonda. Così la vita a nessun uomo apparirebbe troppo breve, o poca cosa, perché“ se le porte della percezione saranno aperte all'uomo il mondo si mostrebbe come in effetti è :infinito “(W. Blake). Solo che la strada che porta una vita simile è una strada buia, della felicità e della sofferenza, della solitudine e della paura . Non vi è alcuna conessione tra le mie riflessioni e la mia vita. Non mi troverete fuori di casa in una giornata di pioggia, non mi vedrete vagabondare per il mondo, non mi vedrete camminare in strade malfamate, in locali bui, a contatto con il peggio della società. Io mi limito a sognare un futuro impossibile, mi chiudo in me stesso e di me stesso provo a riempirmi. Il contatto con la società, con i miei coetanei mi rivela quello che io mi rifiuto a chiamare realtà (la realtà esiste nell'individuo, la poesia in questo senso ha la stessa realtà della storia, sforzarsi di vivere in modo più intenso è guardare più lontano ) ma nonostante questo uscire di casa per me è un esperienza devastante. Ormai mi accorgo che ogni giorno ripeto Sempre le stesse cose. A scuola mi tormento, fin quando solo la morte mi pare l'unica via che mi resta. Torno a casa, smetto di pensare al suicidio , come se l'immagine della mia morte mi avesse già calmato. Ho dei momenti di confusione, mi riposo a letto e fantastico sulla mia vita,mi deprimo e poi totale apatia per il resto della giornata. Riuscite a capire cosa significa vivere così? Io sento come se un vetro mi Separasse dal mondo esterno, provare emozioni, commuoversi, piangere e ridere ma non riuscire mai, mai a mostrare qualcosa che non sia quel mio bianco volto impassibile. Mi guardo e mi chiedo come può un uomo passare certi tormenti eppure non mostrare esteriormente il minimo cambiamento. È vero, probabilmente soffro di qualche disturbo psicologico, ma cosa dovrei fare? La possibilità di un cambiamento mi terrorizza, come un funambolo mi sono creato un sottile equilibrio nella vita vera che mi permette di sopravvivere. Mi sento solo dannatamente stupido...non posso fare altro che scrivere queste lettere dalla prigione che mi circonda, non avrò mai il coraggio dico mai di dire ai miei genitori di dover andare da uno psicologo. Inoltre abito in una città non molto grande, non potrei andare da nessuna parte di nascosto senza far sospettare qualcosa. Allora perché scrivi qui? Il supporto di un sito non potrà mai darti l'aiuto che ti serve.. Probabilmente lo faccio solo perché desidero essere compatito, perché desidero che qualcuno mi dica che sto davvero soffrendo ( già.. Dopo alti e bassi mi chiedo com'è possibile che stessi così male). Vorrei raccontarvi d'altro, della mia vita, ma decido di chiudere qui questa lettera. Infinitamente grazie per aver letto.
Gentile Guglielmo,
nel mentre ci dice che non avrebbe mai il coraggio di chiedere ai suoi genitori un colloquio con lo psicologo, in parte si contraddice cercandoci con questa lettera. Tenga presente che nei casi come il suo è altamente raccomandabile, se non imperativo, che lo psicologo parli anche con i genitori perchè lei fa parte di un "sistema familiare" dove tutti i membri influiscono gli uni sugli altri.
Come sono le sue relazioni nell'ambito familiare ed extrafamiliare? Le relazioni sono ciò a cui gli individui tengono di più e probabilmente la possibile maggior fonte di piacere e di divertimento.
Uno psicologo psicoterapeuta potrebbe aiutarla e aiutarvi a migliorare le vostre relazioni e la qualità della vita. Con le terapie brevi occorrerebbero probabilmente poche sedute. Cordiali saluti