Mio marito rifiuta transfer dei nostri embrioni crioconservati per avere un secondo figlio
Buongiorno,
ho 41 anni e sono mamma di un bimbo di quasi 5 anni, avuto grazie al ricorso alla fecondazione assistita. A seguito di questa, sono stati crioconservati due embrioni, sia per evitate parto plurigemellare, sia per fare un altro tentativo di gravidanza in caso il primo non fosse andato a buon fine o per avere un secondo figlio. Quando abbiamo saputo che sarebbe nato il nostro bimbo, abbiamo quasi dimenticato questi embrioni, eravamo assorbiti da lui e poi io avevo perso il lavoro alla sua nascita.
Col passare del tempo però io ho sentito il bisogno di avere un secondo figlio, mentre mio marito non ne vuole sapere. È irremovibile ed io ne soffro. Non voglio che il nostro bimbo resti figlio unico e poi vorrei dare una possibilità a quegli embrioni, anche mio marito mi dice che ci pensa spesso al fatto che ci siano, nonostante ciò non se la sente di provare a farli nascere. Dice che non ci manca nulla e che stiamo bene così, è quasi vero, a me manca un altro figlio e al mio bimbo un fratello.
Non voglio rovinare quello che ho, ma non vorrei rimpiangere di aver rinunciato a provare a dare la vita a quegli embrioni, di aver rinunciato alla gioia di allargare la famiglia. Vorrei che mio marito pensasse come me che l'arrivo di un altro figlio sarebbe ricchezza e non solo sacrificio. Lui dice che già così non ha più tempo per sé e le sue passioni (suona in un gruppo per hobby).
Devo dire che è un papà meraviglioso, dà tutto se stesso per nostro figlio, e sono sicura che lo sarebbe anche con un altro. Non riusciamo a parlarne perché è un muro irremovibile e tronca subito il discorso. Non so più che fare, il tempo passa e non siamo più giovanissimi, mio marito ha 46 anni.
Che posso fare?
Gentile signora,
come per tutti i problemi di e nella relazione, lo psicologo psicoterapeuta può essere di grande aiuto, ma poichè la psicologia è, più di ogni altra disciplina, attenta essenzialmente alla soggettività, non si può prescindere da essa per poter dare suggerimenti o input appropriati, per i quali occorre perciò un colloquio clinico, soprattutto in casi come questo, dove non si è di fronte ad un disturbo psicopatologico.
Dall'esame delle vostre soggettività è probabile che lo psicologo individui e faciliti un punto d'incontro che può essere trovato anche se si reca soltanto uno dei due partner dal professionista, benchè sia ovviamente preferibile che vi si rechino entrambi. Per maggiori delucidazioni sulle modalità di ottenere risultati derivanti da un miglioramento della comunicazione e comprensione reciproca, le segnalo l'articolo al link https://www.psicologi-italia.it/disturbi-e-terapie/psicoterapia-della-gestalt/articoli/MigliorarelerelazioniinterpersonaliconlaTerapiadellaGestalt.html
Cordiali saluti