Aiutare il mio compagno che dopo la morte della nostra gatta ha attacchi di panico
Buonasera, circa 1 settimana fa è morta azzannata dal cane del vicino il nostro gatto, premetto che la nostra famiglia è composta da me il mio compagno e il nostro gatto, non abbiamo figli anche se ne vorremmo e consideravamo la gatta proprio come un figlio.
Purtroppo il mio compagno ha vissuto l'evento in prima persona cercando di salvare il gatto che è poi deceduto tra le sue braccia, è rimasto scioccato dalla vicenda, non riesce a togliersi il suo sguardo dalla mente. E' bene specificare che la nostra micia è' arrivata dopo la morte improvvisa a gennaio 2019 della nostra prima gatta; già in quell'occasione il mio compagno ha iniziato a manifestare i suoi primi sensi di colpa, crisi d'ansia e attacchi di panico che si sono placati con l'arrivo in famiglia della gatta morta settimana scorsa. Ora stiamo vivendo una situazione disastrosa, il mio compagno sta molto male, si è chiuso nel suo dolore, ha deciso di dormire in ufficio perchè a casa non riesce a stare, a tratti si sente in colpa perchè temevamo la cosa e non l'abbiamo protetta, a tratti incolpa me e in altri momenti attribuisce la colpa alla sfortuna a satana o a un'ipotetica maledizione che ci riguarda/mi riguarda. Ha attacchi di panico molto pesanti e non so come aiutarlo, lavoriamo insieme e quindi in ufficio ci vediamo ma tende a trattarmi male e chiamarmi solo nel momento della crisi. Io vorrei tornasse a casa, sarei disposta a rimanere anche con lui a dormire in ufficio ma a un certo punto mi caccia. Cerco di farli sentire la mia presenza ma senza pressarlo ma la situazione è molto pesante anche per me. Ho provato a consigliarli di parlare con uno psicologo e mi è sembrato anche intenzionato ma di fatto non l'ha ancora contatto. Come mi dovrei comportare lo lascio solo nel suo dolore come mi chiede e quando starà meglio sarà lui a tornare o cerco nonostante il suo rifiuto anche offensivo di rimanerli accanto? credo che andando avanti così anche io avrò bisogno di un terapista.
Carissima, la storia che hai raccontato è molto triste. La risposta alla morte di una essere a noi caro implica reazioni psicologiche, comportamentali e fisiologiche molteplici e soggettive. Tuttavia il lutto evolve abitualmente in tre fasi ben individuabili in tutte le persone.
La prima, dello “shock”, può durare pochi giorni ed è dominata dall’incredulità, dalla negazione e dalla “confusione”. La seconda, del “dolore acuto”, si protrae per settimane o mesi ed è caratterizzata dalla rievocazione e da sentimenti d’intensa nostalgia. In questo periodo sono comuni malesseri fisici (mancanza d’aria, vuoto allo stomaco, sensazione di debolezza, tensione muscolare), isolamento sociale, perdita d’interessi, ruminazioni sull’evento, idee di colpa, irritabilità, sentimenti di rabbia verso se stessi o verso gli altri. Nell’ultima fase della “risoluzione”, che può richiedere mesi o anni, il soggetto prende atto dell’ineluttabilità del decesso per cui torna alle proprie attività e interessi, riacquistando il proprio ruolo.
Tuo marito si trova nella seconda fase, per cui attualmente i suoi sintomi sono del tutto normali ed attribuibili alla sua personale elaborazione del lutto. Se tali sintomi dovessero acutizzarsi interferendo pesantemente con le normali attività quotidiane oppure prolungarsi oltre i 6-12 mesi (considerati i tempi necessari per il compimento dell’intero processo di elaborazione del lutto) ritieni necessaria la presa in carico psicoterapeutica, per il momento un valido aiuto è costituito dal sostegno dei familiari. Fagli capire che sei emotivamente vicina a lui e che comprendi il suo dolore e rispetta i suoi tempi.
Vi auguro ogni bene e resto a disposizione. In caso dovessi ancora affrontare dei momenti in cui non sai come comportarti oppure hai bisogno di un supporto non esitare, SCRIVIMI nella mia pagina personale.