Dott.ssa Valeria D'Antonio

Dott.ssa Valeria D'Antonio

psicologa psicoterapeuta

Fatica a dare un senso alla vita

Buonasera, sono appena maggiorenne, ed è come se io avessi vissuto gli ultimi 4/5 anni tutti uguali. Mi sento ancora una 14enne, sono solo fisicamente e mentalmente cresciuta. Non ho più voglia di vivere; non intendo dire che voglio morire, semplicemente mi stufa fare tutto. Vivere, per me, vuol dire godersi la vita, essere soddisfatti della persona che si è; io ormai ho smesso di vivere già un paio di anni fa. Sono condannata ad avere questo cervello e questa visione della vita, e non capisco più se è una realtà che devo accettare o se sono solo pessimista. Non so quanto sia davvero accogliente stare là fuori, anche se nemmeno casa la è. Vedo del marcio in tutto, compreso in me. Ho ogni giorno pensieri anticonservativi e mi sento di vivere per altri. Vorrei sparire, non essere mai nata, perché tra tutto ciò che sono io, mi identifico poco in una figlia. Dato che la mia esistenza fisica non può essere rimossa altro che con la morte, spesso fantastico e penso al fatto che se esistesse un pulsante che possa cancellarmi (senza ricorrere alla morte) lo cliccherei. Mi appesantisce vivere, piangere, lamentarmi...tutto, letteralmente tutto. Mi sembra di non avere vie di miglioramento e questo male di vivere non lo sopporto più. Ho provato di tutto: ricorro giornalmente alla scrittura, ho provato a forzarmi l'entusiasmo e ho provato a forzare sorrisi; ma sono sempre stati, per l'appunto, forzati e falsi, non sono diventati qualcosa di naturale e mi veniva meno stancante non farlo. E non so se i miei genitori si sentono genitori, ma l'essere umano che mia madre ha partorito non è una figlia. È una sorella, una cuoca, una badante. È quella che pulisce casa e che usa troppo il telefono. È quella persona che deve renderli fieri dei voti. Ma non è meritevole di amore, nè di affetto, tantomento di riconoscenza, perché quello che fa non è mai abbastanza. Non la conoscono come figlia, non sanno dei suoi segreti, di quelli sotterrati nel suo animo, di ciò che prova davvero. Non so se è questo ciò che vuol dire essere figlia, ma se è così ovunque e in ogni famiglia, mi auguro che la reincarnazione non esista, e che in una seconda vita io non sia figlia di nessuno.

Cara Isabella,

sono contenta che nonostante tutto la fatica a vivere che racconti sei riuscita a scrivere questa lettera, che è un primo passo per uscire dal buio, una richiesta di aiuto, un grido, che è sempre un tentativo di ricominciare. Perciò ti dico, a partire da ciò che ti ha portato a scrivere, non ti fermare, non ti arrendere, che bello il tuo desiderio di essere amata, vista, riconosciuta a cui purtroppo i tuoi genitori non corrispondono (ed essere figlia è avere il tuo desiderio non come ti vedono i tuoi!) ma che ugualmente non si spegne e si può giocare in altri ambiti: nelle amicizie, fuori casa, tu sei degna di amore, di affetto, di riconoscenza e sei tanto profonda e sensibile. Se vuoi parlarne io ci sono, contattami telefonicamente.

Spero di risentirti, per ora ti abbraccio.

Valeria