Come reagire, difendersi e affrontare il mobbing - Consigli pratici di psicologia
L’aggressività è una reazione alla frustrazione, che tende alla distruzione o a mettere comunque in difficoltà la persona o l’oggetto che è avvertito come causa della frustrazione. Accanto ad un’aggressività violenta, che è condannata dalla nostra cultura, ne esiste una mascherata, attenuata e socialmente ammessa. Cerchiamo di analizzare bene il significato di alcuni termini utili alla discussione in atto:
Il prevaricatore sostanzialmente è un aggressivo. In ambito lavorativo, tali fenomeni ci riconducono ovviamente al MOBBING, termine oggi molto in uso; deriva dall’inglese to mob che significa accerchiare qualcuno, assalirlo con intenti non proprio pacifici.
Mobbing indica una situazione di conflitto sul luogo di lavoro, caratterizzata da atti offensivi e persecutori, perpetrati sistematicamente ai danni di un lavoratore, tale da determinare un danno alla salute psicofisica della vittima. La vittima del mobbing, subisce una vera e propria strategia di terrorismo psicologico in ufficio. Può colpire ogni tipo di lavoratore, anche i migliori e i più produttivi, con attacchi violenti o persecuzioni subdole. I suoi effetti "stress lavorativo" possono arrivare alle estreme conseguenze di depressione e suicidio e i suoi costi sociali ne fanno un fenomeno davvero preoccupante. L’etologo K. Lorenz che studiava gli animali e il loro comportamento fu il primo a parlare di mobbing quando descrisse il comportamento ostile e aggressivo che assumono alcune specie di uccelli per escludere dal gruppo un loro simile.
Lorenz così lo descrisse: “ATTACCO COLLETTIVO DI UNA MOLTITUDINE DI ANIMALI PIU’ DEBOLI CONTRO IL PIU’ FORTE”.
Lorenz, diremo noi oggi, si trovava di fronte ad un caso di mobbing ascendente, poiché perpetrato ai danni del leader! Queste forme persecutorie sono sempre esistite ed hanno trovato impatto in tutti i tessuti sociali, basti pensare al “nonnismo” nelle caserme, o il ” bullismo” a scuola, in palestra o comunque in ambienti di socializzazione. Quando parliamo di mobbing nell’ambiente di lavoro intendiamo tutta una serie di comportamenti ostili da parte di colleghi e superiori che si traduce in una “GUERRA DI NERVI”, una vera e propria violenza psicologica nei confronti del lavoratore e che può avere pesanti ripercussioni sul suo stato di benessere psico-fisico, causando ciò che in medicina legale si chiama un DANNO BIOLOGICO oltre che un DANNO PSICHICO, come fattispecie di danno biologico e un DANNO ESISTENZIALE, ossia una alterazione, temporanea o permanente, delle abitudini afferenti l’esistenza stessa del soggetto vittima.
MECCANISMI MOBBIZZANTI
Il superiore o il collega che perseguita il lavoratore è chiamato MOBBER, mentre la vittima di questo comportamento è il MOBBIZZATO. Per parlare di mobbing dobbiamo constatare l’esistenza di alcune caratteristiche come la durata e l’intensificarsi delle ostilità nel tempo. Il mobbing è una forma di maltrattamento deliberato e ripetuto nel tempo (almeno 6 mesi) , da parte di un superiore (mobbing verticale o bossing) o di uno o più colleghi ( mobbing orizzontale ) che ambiscono ad un controllo sul bersaglio o addirittura alla sua eliminazione dal posto di lavoro.
Sul posto di lavoro,alcuni dei meccanismi più frequenti sono sostanzialmente:
Il mobber crea intorno alla vittima designata un’atmosfera ostile, sparge tra i colleghi pettegolezzi infondati, crea difficoltà nello svolgimento del suo lavoro sottraendo documenti importanti o “dimenticando” di comunicare informazioni essenziali, manomette il computer, ironizza sul modo di vestire o di parlare del collega, lo esclude apertamente da iniziative comuni. E’ così che a poco a poco la vittima viene isolata e confinata in una situazione di disagio e difficoltà mentre tipicamente il mobber nega ogni richiesta di chiarimento e minimizza l’accaduto in caso di rimostranze. Spesso la competizione viene fondata su motivazioni non sostenibili e dinamiche di prevaricazione, e si alimenta in un circolo vizioso di cattive abitudini nelle relazioni intepersonali e nella definizione e rispetto dei ruoli.
COME USCIRNE
Prima di tutto è importante che la vittima dell'aggressione non perda la calma di fronte ai tentativi di violenza. Allo stesso tempo dimostrare all’aggressore che non si è disposti ad accettare soprusi. Quindi parlarne, in modo informale, con il capo almeno in un primo tempo - al fine di tentare un chiarimento o di informare; è importante non essere impulsive/i e aggressive/i; meglio se si può andare con una/un collega di lavoro; Non parlare delle persone ma dei fatti, può essere utile richiamarsi ai diritti di operare in condizioni di salute non solo fisica, ma anche mentale. Cercare un dialogo positivo e costruttivo con i capi - evitando di essere lamentosi o minacciosi di querele e denunce. Se i capi o i colleghi/e non rispondono, diventa necessario uscire allo scoperto: andare ad un Sindacato, o da un legale di un Patronato o da un legale amministrativo e comunque mettere per iscritto le proprie rimostranze - documenti utili per una eventuale e futura causa legale (che deve essere "l'ultima spiaggia" a mio avviso, sappiamo quanto i tempi legali sono lunghi e costosi!) Conservare, ogni anno, corsi di formazione per migliorare le proprie capacità professionali - questo è d'obbligo sia per l'azienda e sta scritto anche sui contratti di lavoro. Si può chiedere anche il trasferimento, se la struttura dell'azienda lo permette - in questo caso si può essere trasferiti "per motivi di salute" attraverso il medico aziendale (previsto dal decreto 626/94). Comunque su questo bisogna essere prudenti, è meglio consultarsi con un legale o con un esperto di medicina del lavoro. Attenzione a non diventare muti o logorroici, né in azienda né in famiglia: si rischia di fissarsi maniacalmente sul proprio dramma; non sono rari i casi di matrimoni andati in crisi, di contrasti con i figli/e, di amici o conoscenti che scompaiono per mesi. E questa ulteriore solitudine può predisporre l’individuo a depressione, abuso di sostanze e in generale a sintomi psicopatologi. E' meglio ricorrere ad un supporto psicologico presso un Centro specializzato. Non prendere decisioni irreversibili:
COME DIFENDERSI
Il mobbing è innanzi tutto un problema sociale non qualcosa che riguarda un solo individuo. Sentendosi continuamente criticata e svalutata è facile che una persona perda la propria sicurezza, la propria autostima, iniziando a dubitare anche della propria competenza. Il continuo rimuginare su ciò che è accaduto provoca un aumento degli errori in una spirale che può sembrare senza uscita. Difendersi dal mobbing è possibile identificando subito la situazione e cercando di prendere subito le distanze senza cadere nella trappola dei sensi di colpa. Occorre trovare il coraggio di parlarne per ritrovare il proprio equilibrio psicologico, recuperare energie e informarsi per elaborare una possibile strategia d’azione. Presso associazioni private o sportelli mobbing, presenti sul territorio, è possibile usufruire di servizi informativi o di intermediazione presso l’azienda ma anche conoscere le possibili vie legali da intraprendere per l’eventuale richiesta di risarcimento conseguente all’accertamento del danno subito.
Cos’è il Mobbing e come se ne può uscire - Dott.ssa Paola Liscia
In Italia da pochi decenni è entrato nel vocabolario comune il termine Mobbing, deriva dal termine inglese “to mob”, che vuol dire aggredire, accerchiare, assalire in massa. Si tratta di una forma di terrore psicologico sul posto di lavoro, esercitata attraverso comportamenti aggressivi e prepotenti, ripetuti da parte di colleghi o superiori ...continua
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